C’è chi è critico nei confronti di Adolescence, ma il suo valore più grande sta nel portare un discorso cruciale fuori dalla serie. Fuori dagli episodi girati in piano sequenza e dalla bravura degli attori. Dal ritmo dei dialoghi. Si sa, non c’è rischio alcuno di spoiler, che tutto inizia quando Jamie Miller, 14 anni, viene arrestato con l’accusa di avere ammazzato Katie, una compagna di classe. Il padre crede nell’innocenza del ragazzo fino a che non viene messo di fronte a prove inconfutabili. Ora, nel penultimo episodio Jamie (Owen Cooper, della cui capacità recitativa avrete letto mille volte e sono comunque poche) si trova a confronto con una psicologa ed è lei, Briony (Erin Doherty), a fare venire fuori la rabbia del ragazzo, certe inclinazioni di cui lui stesso era forse poco consapevole. In Adolescence è chiaro che ormai le dimensioni sono tre, c’è anche la “rete”, un altro mondo nel mondo. Un mondo che può dare allarmi o salvezze e che, soprattutto, è “maneggiato” più dai figli che dai genitori. È un blackout generazionale, perché l’esperienza dei giovani è più “solida” di quella dei grandi e può diventare oscura, detonare bombe che non sono “a mano” ma atomiche. Impossibile togliere il telefono a un adolescente? Probabilmente sì. Meglio sapere, allora, chi sono gli Incel, nominati non a caso nella serie: “casti non per scelta”, uomini eterosessuali che non hanno partner e non fanno sesso. Il motivo, secondo loro? Le donne. Le donne ingiuste, troppo selettive, li privano di quello che considerano un loro diritto. Informarsi, da adulti, per capire i ragazzi “nel chiaro” e più ancora “nello scuro” diventa fondamentale. Essere consapevoli che, se un adolescente etero “mostra” agli algoritmi di avere certe caratteristiche, potrebbe essere catapultato nella cosiddetta “manosfera” (googlare), o in profili seguitissimi di personaggi come Andrew Tate (citato nella serie), l’ex kickboxer che si definisce “assolutamente misogino e sessista”, arrestato in Romania per presunti abusi su una donna, tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione e costituzione di un gruppo criminale organizzato. Indagare il possibile impatto di tutto questo sugli adolescenti non è cosa di poco conto. Sono cose che sappiamo da oggi? No. Ma se una serie serve a riportarci l’attenzione, è una serie utile.
( commento di Claudia Rossi su Il Fatto Quotidiano)
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