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Squid Game - Serie TV

La serie Tv intitolata Squid Game ( gioco del gamberetto) è di origine sud coreana, creata da Hwang Dong- hyuk nel 2021, ed è composta da 9 episodi.
La prima uscita di questa serie non era nemmeno stata tradotta, gli spettatori infatti potevano sentire il suono della lingua coreana, ma comprendere il significato leggendo i sottotitoli in italiano o in inglese.

Il protagonista, Seong Gi-hun, divorziato e pieno di debiti, vive con la madre. L’ex-moglie, che ha un nuovo compagno, gli fa vedere a stento la figlia che però sta per partire per gli Stati Uniti. Una sera, mentre aspetta il treno della metropolitana, incontra un uomo che gli propone di partecipare a una serie di giochi tradizionali per l’infanzia. In palio c’è una grande somma di denaro che aumenta dopo ogni gioco. Si ritrova così in un posto sperduto, assieme ad altri 455 concorrenti che hanno, come lui, problemi finanziari. I partecipanti sono controllati da guardie vestite di rosso che prendono ordini da Front-Man, un uomo mascherato e vestito di nero. Dopo il primo gioco, “Un, due, tre stella!” scoprono la tragica realtà. Chi perde muore, chi vince passa al gioco successivo. Nel frattempo un giovane poliziotto si mette alla ricerca del fratello scomparso.
La sfida richiama la saga di Hunger Games e il film Parasite. Come in questi due film c’è la sfida, la morte e alla fine ci sarà un solo vincitore. La scansione narrativa attraverso i giochi è tesa e incalzante. Il disincanto è invece quello del noir.
Il tema di fondo riprende situazioni proprie del filone carcerario: la guerra tra prigionieri al buio, il controllo delle guardie. Squid Game punta su un voyerismo evidente. Tutto è sotto gli occhi dello spettatore e di vip/scommettitori che assistono alla ‘morte in diretta’. Squid Game mostra la forte pulsione di prevaricazione e l’illusione dell’uguaglianza tra gli individui, evidenziata nel modo paritario in cui vengono trattati i concorrenti. L’inferno non è solo nel gioco. Anzi, lì dentro si può scommettere su sé stessi e sul calcolo della probabilità per la sopravvivenza. È nella vita di tutti i giorni che invece non c’è possibilità di riscatto. Appena i concorrenti hanno provato ad uscire dalla sfida, si sono ritrovati addosso problemi economici, polizia e creditori alle calcagna e i legami familiari che diventano motivo di ulteriore sofferenza. Non ha pietà Squid Game. Ogni regola umana salta come nella sfida con le biglie: l’amicizia, la solidarietà. L’unico lampo è in quel dialogo emozionante tra due ragazze concorrenti che non hanno neanche voglia di sfidarsi ma solo di parlare, confessarsi. Per il resto resta la spietatezza dell’inganno. Nessuno è un personaggio positivo.
Perché questa serie è piaciuta tanto?
Forse perché trasmette allo spettatore un pessimismo macabro che la rende più efficace sul piano del coinvolgimento ed è intrecciata al tema dei giochi per bambini. Il primo episodio si apre infatti con la scena di un gruppo di ragazzini che giocano al gioco (coreano) del calamaro. Il centro tematico drammaticamente messo davanti agli occhi dello spettatore, anche in modo cruento, è l’idea di un radicale pessimismo circa un “futuro” che potremmo davvero non vedere più. Che ciò accada per via dei mutamenti climatici sempre più catastrofici per l’umanità intera, oppure per le sempre più estese diseguaglianze socio-economiche, poco importa, spicca l’assenza di un orizzonte riparativo. Non c’è speranza per un’umanità che – sembra dirci Hwang Dong-hyuk –  sarebbe ora aprisse gli occhi sull’abisso che essa stessa ha scavato sotto i suoi piedi, anno dopo anno, secolo dopo secolo.
“Squid Game” è la lucida, spietata rappresentazione di quanto può accadere qualora ogni regola del gioco sociale salti e venga sostituita dall’azzeramento di ogni tipo di legame affettivo tra gli uomini: la solidarietà, l’empatia, l’amicizia, il legame di coppia, quello fraterno tra gli uomini e le donne, quello generazionale.
L’unica modalità relazionale presente in tutta la serie è quella che rimanda ad una inautenticità di base che muove il comportamento del singolo verso l’inganno, un “mors tua, vita mea”. Il messaggio di fondo sembra essere quello che non ci si può più permettere di sottovalutare gli effetti del graduale spegnimento dell’ottimismo dell’umanità nei confronti del prossimo e del futuro, soprattutto nelle giovani generazioni.