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IDENTIFICARSI E PARLARE

Come stanno gli adolescenti dopo la pandemia?
"C'è un errore che spesso si fa, mosso da una fragilità adulta: si considera la pandemia la causa del disagio. L'aspetto più preoccupante, invece, è che gli adulti cercano la normalità di prima, a scuola, con internet...Ad esempio, la scuola che riapre e che, dopo aver obbligato i ragazzi a stare a casa davanti ad uno schermo, ora ritorna all'idea che si debbano spegnere cellulari ed internet, piuttosto che integrare queste esperienze, ormai della vita di tutti. Questa non solo è follia, ma dimostra quanto gli adulti siano più concentrati a difendere la propria idea educativa che ad identificarsi con i giovani e soprattutto con la società che loro stessi hanno creato, in cui la rete è al centro di ogni attività. La salute mentale dei ragazzi dipenderà molto da come la scuola, famiglia e politiche giovanili si modificheranno. Queste generazioni hanno già affrontato una crisi economica, il disboscamento del pianeta, la plastificazione dei mari; una cultura adulta poco propensa a identificarsi con loro contribuisce alla loro assenza di prospettive, vero motivo dell'attacco al corpo. Il corpo (con i tagli, il ritiro sociale, i disturbi alimentari...) è diventato come un megafono al dolore che non trova altra espressione. anche se oggi il vero problema degli adolescenti è crescere nell'epoca della fragilità adulta."

Quali sono le fragilità adulte?
"Ben prima della pandemia abbiamo chiuso i cortili ed i giardini, dove una volta il corpo dei ragazzi poteva muoversi liberamente e sperimentarsi. Chiunque non faccia esperienze con i coetanei, fuori dal controllo degli adulti, accumula ritardi evolutivi. Invece gli adulti hanno paura, da anni ormai, con la caduta della Comunità educante, con l'informazione che dice sempre che il mondo è pericoloso: e in fondo preferiscono che i figli stiano davanti al cellulare, perché altrimenti dovrebbero lasciarli andare fuori. Il problema non è quanto tempo passano on line i ragazzi, ma che non si danno alternative valide. Il corpo dei figli è sotto sequestro, per questo è virtualizzato. Poi diciamo che è colpa di internet: siamo passati ad una società dove il corpo transita attraverso la rete in seguito ai cambiamenti voluti dagli adulti. I giovani si stanno solo adattando e social e videogame rappresentano per loro quegli spazi di autonomia che erano le strade."

Cosa si può fare allora?
"Accettare che noi stessi abbiamo creato una vita dove reale e virtuale si intrecciano e quindi che stare in relazione con i figli significa anche interessarsi alle scelte che fanno in internet. E poi non aver paura di chiedergli se stanno male. Dietro la colpa che si dà a internet si cela tutta la paura dei genitori di chiedere ai figli come stanno; chiedete se soffrono, se hanno paura della vita, della morte, se temono di deludervi. Così i ragazzi, che non vedono l'ora, parlano, altrimenti non lo faranno mai per non deludervi e perché vi vedono troppo fragili per ascoltare la verità.