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Don't Look Up

“Don’t look up” se in apparenza sembra essere un banale disaster movie natalizio, nel suo sviluppo narrativo diventa un film con tematiche che ci toccano molto da vicino. Netflix ha deciso di farlo uscire proprio la vigilia di Natale, un Natale ancora turbato dall’incertezza dell’andamento imprevedibile di una pandemia che tuttora non dà tregua. Se di primo impatto sembra il classico Christmas movie, è un film che non ha certo l’obiettivo di essere consolatorio ma, al contrario, introduce temi assai poco mainstream, orientati verso un’acuta riflessione sull’attualità che stiamo vivendo e sulle sue criticità sul versante sanitario, sociale ed economico, che anche gli adolescenti hanno vissuto e vivono sulla loro pelle e i cui effetti ricadranno inesorabilmente sulla loro vita futura.
Il film colpisce subito per il cast stellare che Adam McKay (“La grande scommessa”, 2015) chiama a raccolta: Leonardo Di Caprio, un professore di astrofisica un po’ nevrotico coinvolto in un evento più grande di quanto potesse aspettarsi; Jennifer Lawrence, una dottoranda in astronomia; Meryl Streep, una cinica Presidentessa degli Stati Uniti; Kate Blanchet, una giornalista televisiva senza scrupoli; Timothée Chalamet, un giovane skater newyorkese. Tutti i personaggi sono alle prese con una enorme cometa che si sta dirigendo velocemente verso la terra. Questo evento va tuttavia subito in secondo piano, e lo script si dedica completamente a una critica serrata della miope ipocrisia dell’ambiente politico, di quello finanziario e di quello mass-mediatico, nell’affrontare e nel tentare di governare l’incombere di una realtà traumatica devastante, che minaccia di distruggere l’intero pianeta. È evidente il richiamo a questi due anni di pandemia, durante i quali siamo stati invasi da notizie contrastanti e confondenti da parte dei mass-media, circa un virus che, proprio come l’asteroide alieno, si è abbattuto improvvisamente sull’intera umanità, trovandola del tutto impreparata. Come affronta simili calamità chi ha le più alte responsabilità politiche e sociali, sembra domandarsi e domandarci il regista? Il tema del “negazionismo”, così come quello del ruolo della scienza nei suoi rapporti controversi con la politica, sono molto ben raccontati in questo film, in cui i protagonisti sono diretti dal regista con mano molto accurata nel farceli sentire vicini ed empatici nel seguire il loro destino. Un destino che il regista ci fa vivere emotivamente simile al nostro.
Ciò che McKay evidenzia è l’inautenticità della comunicazione politica nella sua nefasta collusione con l’informazione giornalistica: due forme di onnipotenza che sono in grado di trasmettere alle masse un falso sé capace di ipnotizzare le coscienze in modo autodistruttivo. Potremmo aprire un altro grande argomento al riguardo ed è quello delle fake-news: quanto i nostri ragazzi sono sottoposti ad un bombardamento di informazioni false? Come possiamo aiutarli a difendersi?.. ma questo argomento lo affronteremo in un altro contesto.
McKay utilizza il sarcasmo, il grottesco e l’ironia per mettere in scena una delle più riuscite critiche della società e dei media americani (e di tutti i Paesi Occidentali, compresa l’Europa) che abbiamo visto al cinema. Una critica serrata, senza sconti, che scorre via veloce, pur nelle quasi due lunghe ore e mezza di film che tengono comunque sempre incollato lo spettatore allo schermo.
Il film parla molto di noi, di ciò che vive l’umanità di oggi, della nostra sofferenza, e di conseguenza della sofferenza degli adolescenti, in cui impera una sorta di diniego per non entrare in contatto con le nostre fragilità per non dire a noi stessi “la verità” su un mondo, su una Natura che abbiamo sfruttato utilitaristicamente fino a portarla ad autodistruggersi.
È un film che per la sua capacità empatica di entrare in contatto con le emozioni dello spettatore, di sintonizzarsi col sentire e con le paure che caratterizzano il quotidiano di ognuno di noi, ci lascia u sentimento di fragilità e incertezza per il nostro futuro e in particolare una grande preoccupazione e insicurezza per il futuro dei nostri ragazzi.